23.10.12

Un anno senza SIC: I grandi lo ricordano così



Un anno senza il Sic. 365 giorni esatti da quel maledetto 23 ottobre 2011 che ha spezzato i sogni e la vita di uno dei piloti destinati a diventare uno dei campioni più affermati della storia del motociclismo. Una ferita ancora aperta e che è impossibile da rimarginare. Uno sportivo, una persona e un ragazzo che andava forte in moto ma che soprattutto era sempre se stesso in qualunque situazione. Per questo motivo la sua immagine, a distanza di mesi, campeggia sul profilo di centinaia di migliaia di profili facebook o twitter di appassionati di motori o ragazzi e per questo Coriano è diventato meta di pellegrinaggio, un posto dove è giusto e doveroso recarsi per lasciare un fiore o un messaggio a quel campione di coraggio e spontaneità che era Marco Simoncelli.
Tracciare un ritratto di un personaggio così amato e significativo si rischia di scadere nel retorico e di finire per dire delle ovvietà. Per questo abbiamo preferito ricordare il Sic attraverso gli aneddoti e i ricordi di chi lo ha frequentato, di chi lo conosceva bene e gli era diventato amico. Perché, come ha detto Valentino Rossi giovedì scorso, subito dopo l’omaggio che gli uomini del paddock hanno riservato Marco alla curva 11 del tracciato di Sepang: “Chiunque lo ha conosciuto ha il ricordo di un episodio con il Sic. Una risata, una cazzata”.
Aligi Deganello (Capotecnico di Simoncelli dal 2007): Quando cerco di staccare e cercare un po’ di relax dalle fatiche del motomondiale mi rifugio spesso in una casa che ho al mare in Sardegna. Ben presto iniziò a diventare una meta di ritrovo anche per Marco e la Kate. La prima volta che vennero a trovarmi fu molto divertente. Era il 2007 o il 2008, non ricordo, Marco era già una realtà del motomondiale ma ancora non sapeva nemmeno cosa fosse una carta di credito o un bancomat. Quando aveva bisogno di soldi per comprarsi qualcosa che gli serviva lui ovunque ci trovassimo li chiedeva a suo padre Paolo che gli dava il denaro che gli serviva. Quella volta dunque lui e la Kate arrivarono con un po’ di soldi contati nel portafoglio. Restarono alcuni giorni e quando venne il momento di partire Marco voleva lasciare un regalo alla persona che gli aveva prestato l’appartamento dove soggiornare. Entriamo in un supermercato ma quando va a pagare Marco e Kate si rendono conto di non aver nemmeno un centesimo nel portafoglio. Il bello è che entrambi dovevano ancora prendere il traghetto e tornare a Coriano. Gli chiesi subito con tono un po’ allarmato “Marco, mi spieghi come fai a tornare a casa senza soldi?”. Lui con una tranquillità disarmante mi rispose “Tranquillo Aligi, il biglietto del traghetto è valido anche per il ritorno, la macchina ha il pieno di benzina e per l’autostrada ho il telepass. A Coriano ci arrivo di sicuro”. Il ragionamento calzava a pennello però non aveva considerato gli eventuali imprevisti o bisogni così pagai il regalo che aveva preso ed infilai 50 Euro nel suo portafoglio. Lui mi ringraziò e si congedò con queste parole “Mi sa che la prossima volta è meglio che dal babbo mi faccia spiegare come si fa ad avere una carta di credito…”.

Fausto Gresini (Team manager MotoGp): Di Marco mi colpiva sempre molto l’incredibile voglia di vincere. Una volta stavamo giocando a tressette in hospitality (le carte erano uno dei suoi passatempi preferiti) a un certo punto però la luce viene meno e ci troviamo a giocare nel buio più completo. Io faccio per alzarmi ed andare a vedere ciò che era successo ma Marco mi blocca e mi dice che dovevamo assolutamente continuare a giocare. Si vede che aveva una mano fortunata… Comunque non c’è stato verso alla fine questa partita l’abbiamo terminata a lume di candela e la vinse lui. Dovevate vedere com’era soddisfatto. Un altro bel momento fu quando, prima del Gp del Mugello, io e lui insieme ad altri ragazzi del team abbiamo vinto la partitella di calcetto che si svolgeva puntualmente contro i giornalisti e gli appassionati del paddock. Il suo sguardo era fiero e non la finiva più di punzecchiare gli sconfitti. Mi ricordo che mi abbracciò e a dal vigore di quell’abbraccio sembrava quasi che avessimo centrato un podio in MotoGp!
Marco Lucchinelli (Ex campione del mondo) Marco ed io un anno fa, proprio 10-15 giorni prima di volare a Sepang eravamo stati contattati da uno sponsor comune per fare un tour con le moto stradali sui laghi nel nord Italia. Sono stati due-tre giorni molto belli, tra di noi c’era feeling perché tutto sommato avevamo caratteri affini. Si passava ore a parlare di corse e in particolare lui era interessato a conoscere le storie del Tourist Trophy e di altre gare a cui avevo partecipato. Durante l’uscita mi ricordo che c’era anche un fotografo e mi ricordo che a un certo punto io e Marco ci siamo affiancati. Io gli ho dato una spallata, lui non si ritirò anzi rispose con una spallata bella poderosa. Quella foto la conservo a casa con grande soddisfazione. In quello scatto c’è l’essenza del Sic, un pilota con gli attributi un ragazzo con dei valori, insomma, uno con cui mi sarebbe piaciuto davvero tanto battagliare in pista. Perché aveva il temperamento di quelli che correvano una volta.
Luca Pasini (Titolare della Pasini Corse, la prima squadra di minimoto con la quale ha corso Simoncelli): Simoncelli sin da piccolino era un guerriero, uno che voleva fare le curve più veloci che si poteva. Per questo spesso finiva per esagerare e cadeva. Una volta riuscì addirittura nell’impresa di convincere la direzione di gara a cambiare il senso del tracciato. Eravamo a Castelraimondo, un pistino con una via di fuga molto ridotta e una curva in discesa molto ostica. Bisognava affrontarla con prudenza, lui invece ci arrivò sparato e ad ogni giro Marco finiva per cadere ed infilarsi nelle gomme di protezione. Più cadeva, più lui continua imperterrito a volerla fare tutta col gas spalancato. Alla fine i responsabili di gara non ce la fecero più a vederlo per terra e decisero di invertire il senso del percorso. Da orario ad antiorario. Era arrivato a togliere i sentimenti anche a loro….

Mattia Pasini (Pilota MotoGp): Marco ed io ci conoscevamo da 20 anni e sia in minimoto che nelle gare del mondiale siamo stati protagonisti di duelli davvero avvincenti e molto belli. Una delle gare più belle che abbiamo disputato però è stata con le minimoto in Svizzera tra il 1997 e il 1998. La tipologia di gara era davvero molto particolare: Endurance e toccava correre in coppia. Io e Marco siamo arrivati in questo kartodromo al coperto con i nostri genitori, non ci conosceva nessuno e leggendo gli sguardi delle persone si poteva leggere il messaggio: “Guarda questi come sono conciati, dove pensano di andare”. Finì che li stracciammo tutti ed arrivammo al traguardo con sette giri di vantaggio sulla coppia seconda classificata. Salimmo entrambi sul gradino più alto del podio e la foto di quella vittoria di tanto in tanto mi capita di guardarla con grande nostalgia. Perché quella fu la prima e unica volta in cui a vincere fummo tutte e due”.
Carlo Pernat (Manager di Marco Simoncelli e Loris Capirossi): A stare con Marco non ci si annoiava mai. Era un vulcano, faceva le sue battute e appena poteva non si negava di fare dei dispetti a chi gli girava attorno. Io ero uno dei suoi bersagli preferiti. Si accaniva puntualmente contro le mie sigarette. Me lo ripeteva spesso che non voleva che fumassi e per risolvere il problema alla radice lui mi rubava sempre le sigarette e per impedirmi di accenderle se le metteva nelle orecchie nel naso, le distribuiva ai suoi amici che se le mettevano anche loro nel naso o in altri posti. Io mi arrabbiavo come una iena perché per me, che da una vita fumo due pacchetti al giorno, era un supplizio non potermi accendere una sigaretta. Comunque Marco oltre che per la sua simpatia mi stupiva per la sua capacità di farsi voler bene. Era difficile non andare d’accordo con lui: anche Loris gli voleva molto bene. Il primo anno quando il Sic andava più piano per aiutarlo a guadagnare autostima gli diceva di uscire in pista in qualifica quando usciva lui e gli faceva sfruttare la scia. L’anno seguente i ruoli si invertirono e il Sic ricambiò il favore a Loris. Un segno di lealtà a suo modo, valori che purtroppo stanno esaurendosi”.
Valentino Rossi (episodio tratto dal libro ‘Il nostro Sic’, Edizioni Rizzoli, 2012)La volta che il Sic si è fatto male alla Cava, a una settimana dalla prima gara del 2009, pensavo che Paolo lo avrebbe ammazzato: era incazzato come una bestia. Ecco quello lì era un tipico atteggiamento simoncelliano. Marco è arrivato, abbiamo cominciato a girare e io quel giorno andavo molto forte. Ma c’era sempre questa sfida fra noi due… Io ero davanti, in un pezzo veloce, lui era dietro, e a un certo punto ha dato una botta della madonna, ha proprio piegato tutto il manubrio. La pista quel giorno era molto infida, c’era tanta acqua, era tutto bagnato. Io mi sono fermato ma lui alla fine non si era fatto niente, anche se l’aveva data bella seria. “Oh Sic tutto a posto?”. “Ah sì, diobò che botta. Sì, sì tutto bene” mi fa. Ritornati al box, il suo babbo gli ha detto: “Porca puttana, la settimana prossima corriamo in Qatar, inizia il campionato! Fosse novembre… dai, basta, andiamo a casa”. E lui niente “No, no dai, non ti preoccupare”. Non c’era verso di tirarlo via. “Facciamo un’altra manche!”. “No, dai, Sic non facciamola un’altra manche, giriamo un po’ così e basta” dico io. E il suo babbo di nuovo: “La settimana prossima corriamo, sei sempre il solito”. Ma niente da fare, alla fine facciamo l’altra manche: come prima io parto davanti e lui dietro, e questa volta dà una botta ancora più grossa, tanto che la moto è andata giù nel fiume, non lo trovavamo più. Lui era caduto e rotolato giù un po’ e cazzo, non trovavamo più Sic. E’ tornato su, tutto bianco, e io ho pensato “Si è fatto male di sicuro”. Infatti si era fatto male, e poi ha perso il Mondiale del 2009. Suo babbo era una bestia. Se poteva dare di morso… Lui era fatto così: se facevi una manche di qualcosa e non vinceva lui, poi ne voleva fare un’altra e poi un’altra anche se a biliardino. Sic era uno che insisteva molto: se uno non aveva voglia di fare una cosa doveva dirgli di no almeno trenta volte.
Fonte: Yahoo Eurosport


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